L’idea alla base è semplice quanto potente: se i prezzi salgono, il valore economico del titolo segue la stessa direzione, preservando il potere d’acquisto del risparmiatore. In un’epoca in cui l’inflazione può muoversi a scatti e non sempre in modo prevedibile, questi strumenti tornano a essere una componente strategica di molti portafogli.
Il primo motivo per considerarli è la protezione dall’inflazione. Le obbligazioni tradizionali pagano cedole nominali fisse: se i prezzi accelerano, il rendimento reale si erode. I linkers, invece, legano parte dei flussi all’indice dei prezzi, offrendo una copertura naturale contro l’erosione del potere d’acquisto. Questa caratteristica è particolarmente utile per chi ha obiettivi di medio periodo, come proteggere la liquidità di un fondo spese o accantonare risorse per progetti futuri senza perdere valore reale lungo la strada.
Che ruolo hanno i linkers in un portafoglio ben costruito
C’è poi la diversificazione. In genere i linkers mostrano dinamiche diverse rispetto a obbligazioni nominali e mercati azionari, perché il loro prezzo è guidato non solo dai tassi ma anche dalle aspettative di inflazione. Inserirli in misura calibrata aiuta a ridurre la correlazione complessiva del portafoglio e a stabilizzare i rendimenti quando i mercati scontano scenari inflattivi inattesi. Non sono un sostituto delle altre asset class, piuttosto un complemento che rende l’allocazione più robusta.
Un ulteriore punto di forza è la possibilità di “bloccare” un rendimento reale quando i linkers offrono tassi reali positivi. In pratica, l’investitore può puntare a un ritorno al netto dell’inflazione ragionevolmente visibile in partenza, accettando la fisiologica volatilità di prezzo lungo il percorso. Per profili prudenti, questo approccio aiuta ad allineare i risultati finanziari al costo della vita effettivo, con meno sorprese rispetto ai titoli nominali in fasi inflattive.
Va considerato anche l’aspetto geografico e di indicizzazione. Esistono linkers agganciati a diversi indici, per esempio HICP o CPI, emessi da Stati sovrani e, in misura minore, da emittenti sovranazionali. La scelta dell’indice e della giurisdizione incide sulla qualità della copertura: quanto più l’indice riflette il paniere di spesa dell’investitore, tanto più efficace sarà la protezione.
Accanto ai vantaggi, ci sono rischi e limiti da conoscere. Il primo è il rischio tassi in termini reali: se i rendimenti reali salgono, il prezzo dei linkers scende, proprio come accade alle obbligazioni tradizionali quando salgono i rendimenti nominali. Chi ha orizzonti brevi e potrebbe vendere prima della scadenza deve esserne consapevole. Il secondo è il cosiddetto “basis risk”: l’indice usato per l’aggancio dei titoli potrebbe non rispecchiare perfettamente l’inflazione personale di ciascuno, che dipende da abitudini di spesa, area geografica e composizione del nucleo familiare.
Un terzo elemento da valutare è lo scenario di inflazione in rallentamento o di bassa inflazione. In contesti del genere, i linkers possono risultare meno attraenti dei bond nominali, soprattutto se acquistati a prezzi che incorporano aspettative inflattive elevate. Per questo motivo la tempistica d’ingresso e la valutazione delle aspettative di inflazione implicite diventano parte integrante della decisione d’investimento.
Come allocare i linkers all’interno del portafoglio dipende dal profilo di rischio, dall’orizzonte temporale e dalla sensibilità ai prezzi. In molte strategie multi-asset si destina una quota moderata della componente obbligazionaria, con percentuali che possono variare in funzione del ciclo. In fasi di incertezza sui prezzi, una presenza più visibile può avere senso; quando l’inflazione si normalizza e i tassi reali si muovono al rialzo, la prudenza è d’obbligo e può essere utile accorciare le scadenze per ridurre la sensibilità ai tassi.
Anche il veicolo di investimento conta. L’acquisto diretto di singoli titoli consente di gestire scadenze e scelte di indicizzazione, ma richiede competenze e attenzione alla liquidità. Gli strumenti collettivi, come fondi o ETF, offrono diversificazione immediata su più scadenze e aree, con maggiore semplicità operativa e trasparenza sui costi ricorrenti.